La Storia
1821-1860: L'Accademia dei "dilettanti"
L' Accademia Filarmonica Romana è una delle più antiche istituzioni musicali romane e italiane. Venne fondata nel 1821 sulla scia del grande fenomeno del "dilettantismo"; i giovani esponenti dei ceti alti ricevevano di solito una eccellente preparazione musicale, che mettevano poi in pratica coll'eseguire musica appunto "per diletto" nei propri salotti. A fondare la Filarmonica fu dunque un gruppo di nobili e di agia ti borghesi guidati dal marchese Raffaele Muti Papazzurri: cantanti e strumentisti "dilettanti" decisi a riunire le proprie energie per l'esecuzione non solamente di brani isolati ma di intere opere liriche in forma di concerto. Ben presto - con il riconoscimento ufficiale dello stato pontificio, nel 1824 - la Filarmonica modificò l'assetto di accordo amichevole fra privati, per arrivare ad assumere un ruolo di primo piano nella vita culturale cittadina.
Nonostante le difficoltà economiche e quelle politiche - che comportarono anche una lunga interruzione dell'attività fra il 1849 e il 1856 - l'Accademia riuscì infatti a rispondere all'ansia di aggiornamento della classe dirigente, col proporre partiture che, per motivi di censura o per indisponibilità delle sale teatrali, il pubblico romano non conosceva. A titolo esemplificativo basterà citare alcune opere eseguite in prima romana alla Filarmonica: Mosè in Egitto, Elisabetta regina d'Inghilterra, Zelmira di Rossini; L'esule di Roma, Lucrezia Borgia, Don Sebastiano di Donizetti; Il Crociato in Egitto di Meyerbeer; I briganti, La vestale e l'oratorio Le sette parole di N.S. Gesù Cristo sulla Croce di Mercadante. Particolare rilievo ebbero poi la prima esecuzione italiana dell'"Assedio di Corinto di Rossini nel 1827, e il Guglielmo Tell, che venne proposto nel 1835 dopo un pertinace divieto opposto dalle autorità per diversi anni; le condizioni imposte dalla censura prevedevano l'omissione di tutti i recitativi, le consuete mende al testo poetico e perfino l'omissione del titolo dell'opera sui biglietti d'invito.
Prestigiosa anche la lista delle personalità che collaborarono con la Filarmonica, a partire da Gaetano Donizetti, che scrisse un brano per la cantata Il genio dell'Armonia in omaggio a Pio VIII e diresse Anna Bolena nel 1833; il tenore Enrico Tamberlick invece debuttò diciassettenne nel 1837 in Guglielmo Tell. Nel 1860 la Filarmonica venne sciolta dal governo pontificio perché numerosi esponenti avevano manifestato orientamenti filoliberali.
1870-1919: La società corale
Nel 1870 il governo pontificio autorizzò la rifondazione della Filarmonica; così, all'indomani della presa di Porta Pia, l'Accademia era già perfettamente riorganizzata, e divenne vicina al partito "liberale". Tuttavia la trasformazione di Roma da capitale dello stato pontificio a capitale del nuovo regno unitario, con i conseguenti sconvolgimenti demografici ed urbanistici, comportò anche la modificazione del tessuto sociale sul quale l'istituzione aveva fondato fino a quel momento la propria esistenza. Venne progressivamente a mancare alla Filarmonica l'entusiasmo dei "dilettanti", e per organizzare esecuzioni musicali fu necessario rivolgersi sempre più spesso al ceto professionale.
La Filarmonica si trasformò di fatto in una società corale, e contribuì a far conoscere a Roma i grandi oratori oltremontani, come il "Paulus" di Mendelssohn o "Le ruine d'Atene" di Beethoven. Nel 1878, alla morte di Vittorio Emanuele II, ottenne anche l'ambìto incarico di provvedere alla cura della parte musicale delle commemorazioni dei sovrani italiani che si tenevano annualmente nel Pantheon; incarico che fu mantenuto fino al 1927.
L'Accademia commissionò dunque a giovani o ad affermati compositori ventitre nuove Messe da Requiem (i nomi più illustri fra questi compositori sono quelli di Eugenio Terziani, Giovanni Sgambati, Edoardo Mascheroni, Marco Enrico Bossi, Riccardo Zandonai, Ildebrando Pizzetti). Tuttavia, al nuovo secolo, l'entusiasmo dei dilettanti era ormai solo un ricordo; la Filarmonica, priva di una sede propria e di mezzi economici, si limitava ad organizzare "saggi" di studio degli allievi di qualche maestro, e vegetava in uno stato di sussistenza. Fu nel 1915, con l'acquisizione di una nuova sede in via di Ripetta, intitolata poi al compositore romano Giovanni Sgambati, che vennero poste le premesse per quel risveglio dell'attività che ebbe luogo concretamente a partire dal 1920.
1920-1943: La società di concerti
Nel 1920 il segretario Romolo Giraldi riuscì a promuovere la conversione dell'istituzione verso una moderna attività concertistica, basata sulla scrittura di artisti professionisti tramite agenzie specializzate, e il reinvestimento degli utili nella stagione successiva. Ebbe così inizio la splendida fioritura dell'Accademia fra le due guerre; la sala Sgambati di via di Ripetta ospitò tutti i più prestigiosi solisti e complessi europei - dal Quartetto Busch a Rudolf Serkin, da Walter Gieseking ad Alfred Cortot, da Jascha Heifetz a Georg Kulenkampff - e lanciò anche molti giovanissimi interpreti, come Gioconda De Vito e Carlo Zecchi, che proprio alla Filarmonica colsero le prime clamorose affermazioni. Il ruolo di direttore artistico venne affidato ai più prestigiosi musicisti attivi a Roma (il pianista e compositore Alessandro Bustini, il musicologo Alberto Cametti, il violinista Mario Corti, il compositore Vincenzo Di Donato, nonché una personalità come Alfredo Casella).
Nel 1936 il regime fascista attuò la demolizione dell'auditorium dell'Augusteo - che ospitava i concerti dell'Accademia di Santa Cecilia - e di tutti i palazzi limitrofi, compresa dunque la sala Sgambati; la Filarmonica perse così la propria sede, e fu costretta a peregrinare per diverse sale (la sala Pichetti, il teatro Eliseo); inoltre le restrizioni antilibertarie del regime resero sempre più difficile l'allestimento di una equilibrata stagione. Nel 1943, durante l'occupazione nazista, l'attività fu sospesa.
1945-1980: Il dopoguerra
Nel 1946, dopo due stagioni di transizione guidate da Vigilio Mortari, la Filarmonica attuò una sorta di vera e propria rifondazione, modificando la propria struttura interna. Per la stagione 1946-47 fu richiamato alla direzione artistica Alfredo Casella, che tenne proprio alla Filarmonica il suo ultimo concerto. Casella avviò il processo di sprovincializzazione della vita musicale romana con una massiccia immissione di musica contemporanea straniera; furono dedicati concerti a Béla Bartok e Manuel De Falla, furono invitati Benjamin Britten e Olivier Messiaen, soprattutto fu organizzata una tournée in otto città italiane del "Pierrot lunaire" di Arnold Schönberg, mai più ascoltato in Italia dopo il 1924.
L'impegno a favore della musica contemporanea doveva rimanere una costante dell'Accademia per tutto il dopoguerra; negli anni Cinquanta venne instaurato un rapporto privilegiato con Igor Stravinskij, più tardi con Luciano Berio e Pierre Boulez. La stessa lista dei direttori artistici del dopoguerra comprende prestigiosi nomi di compositori: Goffredo Petrassi, Mario Peragallo, Roman Vlad, Valentino Bucchi, Guido Turchi, Hans Werner Henze, Paolo Arcà. Più recentemente a ricoprire la direzione artistica sono stati soprattutto musicologi: Massimo Bogianckino, Giorgio Vidusso, Gioacchino Lanza Tomasi, Bruno Cagli. Altra caratteristica peculiare della programmazione della Filarmonica nel dopoguerra è stata l'apertura verso il teatro da camera e il balletto, con la riproposta pionieristica di molti titoli dimenticati e l'arrivo a Roma di tutte le principali compagnie di danza moderna; soprattutto nel campo del teatro da camera l'istituzione non si è limitata ad ospitare produzioni di compagnie in tournée, ma si è impegnata anche nell'effettuare nuove produzioni in proprio.
La coerenza e la qualità altissima delle stagioni della Filarmonica non sarebbero state possibili senza l'entusiasmo disinteressato dei dirigenti, e in particolare di Adriana Panni, che, entrata nel consiglio direttivo nel 1945, è divenuta vicepresidente nel 1955 e poi presidente nel 1973, fino alla sua scomparsa nel 1994; grazie ad Adriana Panni l'Accademia ha instaurato la collaborazione con Strawinsky e con molti altri artisti, ma ha anche acquisito i regolari finanziamenti pubblici, la concessione da parte del Comune di Roma della Casina Vagnuzzi in via Flaminia per la sede amministrativa, il trasferimento dal Teatro Eliseo al più vasto Teatro Olimpico per la sede concertistica, l'acquisto di quest'ultimo nel 1980, reso possibile dal coinvolgimento azionario di abbonati, concertisti, uomini di cultura. Dietro i centosettantacinque anni di vita della Filarmonica si cela insomma una storia fertile e insieme travagliata; il medesimo nome è stato attribuito a modi estremamente dissimili di intendere l'attività musicale; i mutamenti tuttavia hanno sempre seguito da vicino l'evoluzione della realtà cittadina.
A questo si deve la longevità dell'istituzione, la sua capacità di rimanere, in passato come oggi, un punto di riferimento ben oltre la vita musicale della capitale.
Arrigo Quattrocchi